#PapalVisit. Camminare, pregare e lavorare insieme

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Da NEV del 21 giugno 2018

“Stiamo camminando, pregando e lavorando insieme. Abbiamo camminato, pregato e lavorato insieme. E cammineremo, pregheremo e lavoreremo insieme”.

E’ attorno a questo motto – “camminare, pregare e lavorare insieme”, che qualcuno già chiama “trinità ecumenica” -, che il pastore Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), ha aperto l’incontro pomeridiano con papa Francesco presso il Centro ecumenico di Ginevra, nella sala Visser’t Hooft, dedicata al primo segretario generale del CEC.

Olav Fykse Tveit e papa Francesco. Foto Magnus Aronson

“Ci sono voluti 70 anni per arrivare al punto in cui ci troviamo oggi – ha aggiunto Tveit -. Questo giorno è una pietra miliare. Non ci fermeremo qui. Visto che oggi noi condividiamo sempre di più, facciamo in modo che le prossime generazioni possano creare nuove espressioni di unità, giustizia e pace”.

Alcuni degli ambiti concreti in cui camminare, pregare e lavorare insieme sono stati citati da Agnes Abuom, moderatora del Comitato centrale del CEC, che ha salutato papa Francesco con un “benvenuto/karibu” in swahili.

“La sua presenza è un segno di speranza e di incoraggiamento” ha detto la teologa anglicana pensando a quanto sia determinante la collaborazione ecumenica in luoghi caldi del mondo come il Sud Sudan, la Colombia, la penisola coreana, il Burundi e la Repubblica democratica del Congo.

Un impegno comune, quello del CEC e della chiesa cattolica romana, che porterà tra i suoi frutti la “Conferenza mondiale contro xenofobia, razzismo e nazionalismo populista nel contesto della Migrazione globale” che si terrà a Roma il prossimo settembre, e che non deve escludere altri ambiti come quelli della violenza contro le donne e i diritti dei minori.

Anche papa Francesco ha ripreso nel suo discorso il motto principale dell’incontro. Camminare insieme è per il papa un movimento in entrata che ci “dirige costantemente al centro”, cioè verso Cristo; ed in uscita “verso le periferie del mondo, per portare insieme la grazia risanante del vangelo a una umanità sofferente”.

Ma camminare insieme, significa anche riconoscere il cammino di chi ci ha preceduti ed ha avuto “il coraggio di invertire la direzione della storia” verso l’unità, e non verso la diffidenza e la paura. Una puntualizzazione di grande importanza, se pronunciata in occasione dei 70 anni di vita del CEC.

“La preghiera – ha proseguito Francesco – è l’ossigeno dell’ecumenismo” perché nel pronunciare il Padre Nostro, riconosciamo sia la nostra “figliolanza” rispetto a Dio sia la nostra “fraternità” di credenti che sanno amarsi gli uni gli altri.

Riflettendo su cosa significhi lavorare insieme – dopo aver ribadito l’importanza che per la Chiesa cattolica riveste la Commissione fede e costituzione del CEC, alla quale la parte cattolica “intende continuare a partecipare con teologi di massimo livello” – papa Francesco ha indicato la diaconia come via maestra dell’agire cristiano nel mondo. Sono i più poveri della terra ad aver bisogno di “ecumenismo e unità.  Non possiamo disinteressarci del pianto di chi soffre, ed è inquietante quando alcuni cristiani si mostrano indifferenti nei confronti di chi è disagiato”.

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Atti della Conferenza del III Distretto delle Chiese Valdesi e Metodiste 2018

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Nella giornata internazionale del rifugiato la chiesa metodista in Italia fa suo l’atto deciso dal III distretto di chiese metodiste e valdesi (distretto che comprende Lazio, Marche, Toscana e Umbria).

Atti della Conferenza del III Distretto delle Chiese Valdesi e Metodiste 2018

  1. La Conferenza del III Distretto delle chiese metodiste e valdesi, riunite a Casa Cares (Reggello) il 15-17 giugno 2018
  • Dichiara la propria sofferenza e preoccupazione per il clima di chiusura, razzismo e discriminazione che cresce nel nostro paese e per la costruzione della paura nei confronti dell’”altro/a” (siano essi migranti, stranieri, detenuti, appartenenti alla comunità LGBT, Rom, Sinti e Camminanti e chiunque venga stigmatizzato sulla base del colore della pelle, dell’orientamento sessuale, del ceto sociale, della salute psicofisica);
  • Esprime la propria solidarietà verso tutti e tutte coloro che ne sono vittime, in particolare nei confronti dei migranti e delle vittime di tratta, che vengano criminalizzati e rifiutati dal Governo Italiano;
  • Denuncia la chiusura dei porti e i respingimenti in mare come contrari al diritto umanitario e allo spirito di accoglienza che proviene dall’Evangelo;
  • Sostiene il lavoro di quanti e quante operano in favore di un’accoglienza solidale, dignitosa e inclusiva anche all’interno delle nostre chiese e della nostra diaconia;
  • Invita le chiese del Distretto ad aprire i propri spazi e le proprie strutture, in collaborazione con la Diaconia Valdese, costruendo progetti di accoglienza secondo la vocazione ad essere comunità profetiche;
  • Invita le chiese a vigilare sulla difesa dei diritti umani, in particolare delle fasce più fragili della società

Deut. 16:19-20: Non farai violenza al diritto […] La giustizia e solo la giustizia seguirai […].

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Buon compleanno Mr. Wesley!

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Da NEV del 21 giugno 2018

Festeggiato a Roma il 315esimo anniversario della nascita del fondatore del movimento metodista, per iniziativa della chiesa metodista di Ponte Sant’Angelo e dall’Ufficio ecumenico metodista.

Gli anniversari sono importanti: per riflettere sul passato e costruire il futuro, per non perdere la memoria, per unire le persone che condividono le stesse preoccupazioni e le stesse speranze.

Tutte e tre queste motivazioni hanno caratterizzato l’incontro per commemorare il 315 anniversario della nascita di John Wesley (1703-1791), fondatore del movimento metodista, tenutosi lunedì 18 giugno sulla terrazza della chiesa metodista di Ponte Sant’Angelo a Roma.

Il pastore Tim Macquiban

L’evento, organizzato da Tim Macquiban, pastore della chiesa di Ponte Sant’Angelo e direttore dell’Ufficio ecumenico metodista di Roma (MEOR), ha visto la presenza di numerosi membri di Churches Toghether in Rome, l’organismo che raggruppa le chiese di lingua inglese, tanto protestanti quanto cattoliche, della capitale, insieme ad altri partner ecumenici del MEOR, tra cui il direttore del Centro anglicano di Roma, l’arcivescovo Bernard Ntahouri.

“Questa ricorrenza, che festeggiamo ormai da alcuni anni, è un’occasione per onorare gli amici e i partner ecumenici del MEOR”, ha spiegato Macquiban che ha poi riflettuto insieme agli ospiti sui tanti anniversari celebrati a Roma insieme in questi ultimi anni: dai 60 anni della costituzione della chiesa metodista di Ponte Sant’Angelo ai 50 anni del Concilio Vaticano II, ai 200 anni di presenza nella capitale delle comunità anglicana e luterana.

Un momento dell’incontro sulla terrazza della chiesa di Ponte Sant’Angelo

Macquiban ha poi ricordato un prossimo anniversario “che ci porterà a riflettere sull’importanza della pace e della riconciliazione”: l’armistizio dell’11 novembre 1918 che pose fine alla Prima guerra mondiale. E di pace si parlerà anche nel prossimo incontro del Consiglio metodista mondiale (WMC) che si terrà il prossimo luglio in Corea del Sud.

“Guardando indietro e ricordando il passato, vogliamo essere pronti per la chiamata del Signore nel nostro presente e nel futuro per condividere il Suo amore e lavorare insieme per la pace e la giustizia nel mondo”, ha concluso il pastore Macquiban.

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Apriti agli altri

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Da Riforma del 18 giugno 2018

Una riflessione sull’accoglienza da parte della chiesa metodista di via XX settembre a Roma

Domenica 17 giugno, dopo il culto, alcuni fratelli e sorelle della comunità, nel pieno spirito dello striscione, hanno fissato sulla facciata della nostra chiesa metodista di Roma, via XX settembre, chiesa dell’unione delle chiese metodiste e valdesi in Italia,  uno striscione che riporta la frase del Levitico «Tratterete lo straniero che abita fra voi come chi è nato fra voi (Lev.19,34)» che commentiamo  «Non aver paura apriti agli altri, apri ai diritti!!»

La nostra è una comunità internazionale: condividiamo la stessa fede tra fratelli e sorelle italiane, filippine, coreane, malgasce, cinesi, ecc.

Una comunità che si educa e impara, giorno per giorno, cosa significhi condividere storie, vissuti, educazione, culture, formazioni, diverse e differenti.

Diversità e differenze che possono e devono convivere in una sinfonia di vite che testimoniano lo stesso Amore per Dio, la stessa vita e il mondo che ci è stato dato.

Dio ci ha creati diversi e differenti, ma nello stesso tempo fratelli e sorelle, figlie e figlie dell’unico Padre.

La scelta, condivisa da tutto il consiglio di chiesa, non è contro qualcuno o qualcosa.

Ci siamo interrogati molto dopo i fatti delle ultime settimane, soprattutto sul clima creatosi e sulle parole pronunciate nella nostra città, sulle paure del diverso, visto come una persona contro, contro la nostra società, che ci toglie, che ci ruba qualcosa, che delinque.

Vedere questo, ci ha portato a giudicare alla luce dell’evangelo e a “agire”.

Agire, cioè scegliere da che parte stare.

È una scelta positiva, non contro, ma a favore di:

  • itinerari che ci liberino  dai pregiudizi profondi che emergono nel nostro vissuto quando incontriamo la diversità
  • una politica che programmi itinerari di accoglienza in difesa di migranti che scappano da fame, guerre e violenze;
  • una quotidianità di inclusione e amore per il prossimo, qualunque prossimo dalla pelle nera, bianca o gialla, o nelle più svariate sfumature.
  • percorsi di integrazione sociale, familiare, culturale che prevedano la valorizzazione di ogni singola specificità e l’abbattimento di quei “sottili, e molte volte nascosti, pregiudizi” che alimentano il razzismo e le paure dentro e fuori di noi
  • modalità di accettazione e arricchimento delle differenze che ogni uomo e donna portano nel loro stesso vissuto
  • un’apertura e un cambiamento sulla strada del dialogo e della convivenza tra popoli e nazioni
  • un’ospitalità che è valore del Regno, che si attualizza oggi nel prossimo straniero in fuga
  • una pedagogia dove discriminazione, frontiera, emarginazione, sono sostituite da accoglienza, integrazione, inclusione, condivisione, dalla prassi evangelica dell’Amore
  •      politiche dove il migrante, uno dei volti dei poveri e degli oppressi di queste nostre società, ci chiama e ci costringe all’ospitalità e alla solidarietà.

Non abbiamo alcun dubbio da quale parte stare: stiamo e staremo sempre dalla parte della persona umana, di ogni uomo e di ogni donna che emigra alla ricerca di pace, di istruzione, di una vita più umana, di ogni donna che scappa dalla tratta, di ogni bambino che scappa dalla fame, da un futuro di violenza e di guerra, dal commercio di organi, dall’essere spose bambine o soldati bambini, di ogni persona che scappa dalla fame, dalla guerra e dalle violenze di ogni tipo. Ma anche dalla parte degli uomini e delle donne italiane lasciate sole nelle loro paure, fomentando continuamente il terrore dell’invasione e del diverso.

Stiamo dalla parte di uomini e donne tutti diversi che per noi assumono lo status di fratelli e sorelle, volto di Dio sulle nostre strade.

E di queste donne e uomini non abbiamo paura, non temiamo per la nostra civiltà, per le nostre città, per il nostro lavoro, ma crediamo che la loro diversità sia ricchezza per tutti noi.

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