Intervista alla Presidente dell’OPCEMI Mirella Manocchio, in vista dell’imminente Consultazione Metodista

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Recuperare il senso di comunità e costruire comunità di senso.

La prossima Consultazione metodista (25-27 maggio) lavorerà su quattro macrotemi fortemente attuali, parlando di leadership, razzismo, diritti civili, legalità e lavoro

«Senso di comunità e comunità di senso»: sarà questo il filo rosso della prossima Consultazione metodista(«Centro Ecumene» di Velletri, 25-27 maggio) e uno dei quattro laboratori in cui saranno affrontati i lavori, come spiega la pastora Mirella Manocchio, presidente del Comitato permanente (Cp) Opcemi. «Piuttosto che una discussione libera sullo stato della realtà metodista, si è deciso di convogliare la riflessione a partire da una serie di domande, anche un po’ provocatorie. Gli spunti di riflessione saranno condivisi anche con la componente valdese, nella quale ritroviamo molte di queste problematiche, e nelle comunità locali. Il prossimo anno speriamo di raccogliere quanto si sarà detto e fatto durante l’anno. L’obiettivo è infatti creare una maggiore osmosi tra il momento assembleare e il cammino delle chiese locali».

Ormai da diversi anni si assiste al venire a mancare, sia a livello sociale sia nelle nostre chiese, di un senso di comunità, commenta Manocchio: «Quello che permette alle persone di sentirsi parte di un gruppo, con elementi di ritualità (nel senso sociologico del termine), un insieme valoriale comune, il sentire di appartenersi gli uni agli altri: ci sembra che tutto questo stia sempre più scemando, siamo come degli estranei gli uni per gli altri. Le nostre chiese erano luoghi in cui si viveva, non soltanto la domenica un po’ di corsa, in cui si formavano le famiglie. Ovviamente la società è cambiata e questo ha avuto dei grossi riflessi sulle nostre chiese, ma di fronte a questo sfaldamento dei legami le chiese forse dovrebbero recuperare alcuni elementi propri del cristianesimo, come diceva Ricoeur (senza dire in realtà niente di nuovo), il suo essere una religione sociale per cui non si può parlare di un “io” ma di un “noi”».

Dall’altra parte c’è la domanda: per quale scopo, tutto questo? Il fine, spiega ancora Manocchio, «non può essere l’autoconservazione, la creazione di recinti sacri in cui sopravvivere. Se fosse questo, dicono più teologi, e lo stesso Ricoeur nel libretto appena pubblicato (Per un’utopia ecclesiale, Claudiana, 2018, ndr), le chiese cristiane sono destinate al fallimento. Il nostro scopo è sempre fuori di noi, oltre noi, ci deve essere una continua osmosi tra interno ed esterno. Quindi: siamo comunità di senso? Riusciamo a portare fuori di noi, nella società, il senso che viviamo tra di noi e di cui siamo portatori e portatrici (e non siamo stati noi a darci), e al tempo stesso ricevere nuovi stimoli dalla società?».

Gli altri tre macrotemi, «Formazione e leadership»; «Diritti civili e razzismo»; «Lavoro e legalità», in un certo senso si muovono in questa riflessione, nella dialettica tra interno ed esterno, senza perdere il contatto con l’attualità. Il tema dell’impegno metodista nell’ambito dei diritti civili sarà, tra l’altro, argomento del prossimo Convegno del Centro di documentazione metodista di Roma del prossimo novembre. La Consultazione cade peraltro nell’immediatezza dell’anniversario della strage di Capaci: «Falcone e Borsellino avevano capito che non si poteva parlare solo di repressione, la mafia colpisce dove c’è un tessuto economico che può essere aggredito, ma lo fa innanzitutto dal punto di vista sociale e culturale. Noi dobbiamo avere una parola da dire: l’abbiamo avuta nel passato e dobbiamo trovare anche oggi dei modi, nella nostra piccolezza, per incidere su questa realtà».

Ci sarà poi lo spazio per la relazione del Cp sul lavoro svolto durante l’anno, sulle esperienze delle chiese metodiste (in particolare con i progetti di diaconia comunitaria) e sulle attività svolte nelle opere sociali. Non mancherà la discussione sull’andamento delle finanze e le designazioni per varie cariche, in particolare il prossimo Sinodo delle chiese metodiste e valdesi (26-31 agosto) dovrà eleggere un nuovo membro del Cp, dal momento che Richard Kofi Ampofo termina il suo settennato. I lavori si apriranno la sera di venerdì 25 con il culto tenuto dal pastore Daniel Pratt Morris-Chapman, i saluti iniziali e la distribuzione dei materiali, e si chiuderanno domenica 27 con il culto del Rinnovamento del Patto condotto dalla pastora Noemi Falla.

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Il «Lutero» di Silvana Nitti «si presenta» a Torino

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Tratto da “Riforma.it” il quotidiano delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi in Italia 

04 maggio 2018

La biografia di Lutero sarà presentata al Circolo dei Lettori lunedì 7 maggio alle 18 da Alessandro Barbero e don Andrea Pacini

«Si è da poco chiuso l’”anno luterano” e si può affermare che chiuda in bellezza con l’uscita di una ricca e documentatissima biografia di Lutero, dovuta alla penna di Silvana Nitti, napoletana, attivo membro della chiesa metodista e docente di Storia del Cristianesimo e delle Chiese presso l’Università «Federico II» del capoluogo campano», ricordava il pastore Paolo Ribet nella bella recensione pubblicata su Riforma.it, proprio in occasione dell’uscita del volume: Lutero, Salerno Editrice 2017, pp. 527, euro 29.

527 pagine che saranno presentate nel più bel salotto letterario di Torino, Il Circolo dei Lettori,  lunedì 7 maggio alle 18 e dove l’autrice dialogherà con lo storico Alessandro Barbero e don Andrea Pacini, docente di Introduzione alla Teologia e di Teologia orientale alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale e di Cristologia all’Istituto Internazionale San Giovanni Bosco di Torino. A moderare l’incontro, il giornalista di Riforma.it e dell’Agenzia stampa Nev Gian Mario Gillio.

«Non è che in questi ultimi dodici mesi – proseguiva il pastore Ribet – siano mancati i testi dedicati alla Riforma e al teologo di Wittenberg, anzi, sono comparse nelle librerie decine di libri su questo tema, alcuni mediocri, se non addirittura irritanti, altri molto validi. Tra questi ultimi, trova sicuramente posto il Lutero di Nitti che è stato accolto con grande favore anche sulla stampa nazionale. E con merito, direi – per varie ragioni. Innanzitutto è scritto bene, e non è un’osservazione superficiale. Nitti, infatti, prende per mano i lettori e li conduce anche attraverso questioni complesse con uno stile piano e accattivante, per cui si arriva alla fine delle oltre 500 pagine con relativa facilità. In secondo luogo – prosegue Ribet –, l’autrice ha deciso di raccontare tutta la vita del riformatore. Anche questa non è una cosa scontata. Infatti, diversi autori, del passato, come Lucien Febvre o Giovanni Miegge, e del presente, come Adriano Prosperi, hanno preferito fermarsi nel loro racconto ai primi anni dello scontro con il papato, ritenendo che il riformatore abbia detto tutto ciò che aveva da dire nei quattro anni che vanno dall’affissione delle 95 tesi (1517), alla sua comparizione davanti all’imperatore Carlo V a Worms (1521). Come se nei 25 anni successivi egli non avesse fatto altro che ripetere quanto già scritto, o, peggio, si fosse involuto, perdendo la sua carica e forza rivoluzionaria. Questo lo si noterebbe soprattutto nei due capitoli più spinosi, per il lettore moderno, della vita del riformatore: la guerra dei contadini e il rapporto con gli ebrei».

A sorpresa, il 6 dicembre del 2017, il libro ricevette da Il Foglio, grazie alla lusinghiera recensione di Giuliano Ferrara, il titolo di «Libro dell’anno». L’autrice, per Ferrara, «sa scrivere da Dio» e il volume è «un racconto superbo, rigoroso e un po’ magico, con i diavoli, gli anticristi, le oche, i bambini, gli escrementi, il fulgore del genio teologico, la coscienza libera e obbediente, la Scrittura, la Fede, la giustificazione dell’uomo che è salvo e peccatore, la modestia dell’insegnamento e l’arte sublime della predicazione, una lingua viva e ardente, opuscoli e libri per un’opera omnia gigantesca, lettere sublimi, cavalli, carrozze, araldi imperiali, calcoli renali, stitichezze, tentazioni, la carne, l’amore di sé, la collera, la foresta, i castelli, gli uccelli, le lepri, la ribellione, il bando di Carlo V, la scomunica del Papa, i cardinali tomisti e quelli protoluterani, il sacerdozio universale che abolisce i preti, la fine del monachesimo, i venditori di riscatto dai peccati, i banchieri, l’edificazione, una nuova famiglia cristiana, i principi savi e convertiti, la scuola dei pastori, i fanatici e gli spiritualisti, la rivoluzione contadina soffocata nel sangue, gli ebrei mai conosciuti ma prima accettati come radice della fede veterotestamentaria e poi odiati con calore abissale, le reliquie, i roghi, l’apocalisse, il regno che viene, la fine dei tempi, i conventi trasformati in pensionati per studenti e professori, la solidarietà, l’odio teologico che è il più grande che ci sia, la diffidenza, l’amicizia, l’amarezza, la vecchiaia, l’amore coniugale e quello paterno, e tutto che ruota intorno a una personalità che ha la forza di un ritratto di Lucas Cranach, tutto che ruota intorno a un raggio di tre quattrocento chilometri che ha per centro la modesta cittadina universitaria di Wittenberg, con una sorpresa finale: metà dei cristiani nel mondo è oggi, cinquecento anni dopo, di fede evangelica o riformata, insomma viene da lui, da Lutero come ispirazione e fonte originaria».

Ora, non resta che presentarsi a Il Circolo dei Lettori lunedì alle 18 per saperne di più.

Silvana Nitti insegna Storia del cristianesimo e della chiesa all’Università «Federico II» di Napoli. Tra le sue opere, Auctoritas – L’Assertio di Enrico VIII contro Lutero (Edizioni di Storia e letteratura, Roma, 2005); Come si devono istituire i ministri della chiesa (1987) e Messa, sacrificio e sacerdozio (1995), questi ultimi editi da Claudiana.

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USA. Morto il padre della teologia nera della liberazione

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Da NEV del 9 maggio 2018

Era gremita, la storica Riverside Church di New York (USA), per i funerali lunedì scorso del pastore James H. Cone, padre della “teologia nera della liberazione”. Durante il servizio funebre, durato quasi tre ore, a rendere omaggio al pastore e teologo della African Methodist Episcopal Church, morto il 28 aprile a New York all’età di 79 anni, sono intervenuti numerosi esponenti delle chiese afroamericane.

Cone, nato e cresciuto in una piccola città dell’Arkansas in pieno regime di segregazione razziale, già giovanissimo conosce i linciaggi contro i neri. Profondamente influenzato dal pastore battista Martin Luther King e da Malcolm X, si accosta allo studio della teologia con una prospettiva sin qui mai esplorata. Mettendo in discussione l’approccio euro-americano della teologia, attinge all’esperienza della cultura nera negli Stati Uniti per presentare una teologia sistematica, costruendo un approccio al Vangelo che riunisca la tradizione degli spiriti, il folclore nero, la storica lotta nera per la sopravvivenza e la liberazione.

Cone, che per decenni ha insegnato teologia al prestigioso Union Theological Seminary di New York, rifiutava l’idea di un cristianesimo “religione dell’uomo bianco”, opponendovi una lettura del Vangelo che in Dio e in Gesù vede invece i difensori degli oppressi. “In una società razzista, Dio non è mai daltonico”, si legge nel suo libro “Teologia nera della liberazione” del 1970. “Ogni messaggio che non è collegato alla liberazione dei poveri in una società, non può essere il messaggio di Cristo: qualsiasi teologia che sia indifferente al tema della liberazione non è teologia cristiana”, era la sua convinzione.

Per approfondimenti rimandiamo all’articolo pubblicato su Riforma.it a firma dell’americanista Massimo RubboliL’umanità afroamericana e la liberazione operata da Dio”.

In lingua inglese segnaliamo il commento di Jim Wallis pubblicato dalla rivista Sojourners “Why James Cone Was the Most Important Theologian of His Time. (gc)

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Il diritto alla solidarietà, il dovere del soccorso dei migranti

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Da NEV dell’ 11 maggio 2018

Giovedì 24 maggio, alle ore 13, presso la Sala stampa della Camera dei deputati in via della Missione 4, avrà luogo la conferenza stampa dal titolo “Il diritto alla solidarietà, il dovere del soccorso in mare dei migranti”, in occasione della quale la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) e la Ong spagnola Proactiva Open Arms presenteranno un programma di collaborazione per le missioni di search and rescue nel Mediterraneo.

“Accogliere e soccorrere chi rischia la vita è un impegno alla base della nostra vocazione di cristiani e della nostra testimonianza di chiese – dichiara il presidente Luca Maria Negro–. Come Federazione delle chiese evangeliche abbiamo quindi ritenuto di doverci impegnare direttamente anche nel soccorso in mare e per questo abbiamo deciso di avviare un partenariato con la Ong Proactiva Open Arms, che da anni opera meritoriamente e con efficacia per salvare le vite di chi, fuggendo da persecuzioni e povertà, attraversa il Mediterraneo”.

height=”324″ />Dopo i saluti dell’On. Riccardo Magi, di +Europa, interverranno: Luigi Manconi, direttore dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR); Luca Maria Negro, presidente FCEI; Maria Bonafede, consigliera FCEI; Riccardo Gatti, capo missione e capitano Proactiva Open Arms; Paolo Naso, coordinatore programma Mediterranean Hope della FCEI. Modera Gian Mario Gillio, direttore responsabile agenzia NEV – Notizie evangeliche (FCEI).

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Per l’occasione verrà presentato il volume “Sul mare spinato” con i disegni di Francesco Piobbichi, edito da Com Nuovi Tempi e realizzato nell’ambito del programma Mediterranean Hope della Fcei.

Alle ore 19 avrà luogo la serata pubblica presso la sala metodista di via Firenze 38 a Roma. Interverranno Luigi Manconi, Maria Bonafede, Riccardo Gatti e Francesco Piobbichi.

Per accrediti e prenotazioni accrediti@confronti.net

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