Intervista al presidente della Conferenza episcopale italiana, Gualtiero Bassetti, in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
Dal 18 al 25 gennaio si terrà la consueta Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (SPUC) sul tema tratto dal Vangelo di Matteo 2:2: “Abbiamo visto apparire la Sua stella in Oriente”. Un’iniziativa ecumenica importante per la testimonianza cristiana di cui abbiamo voluto parlare con il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana.
I cristiani protestanti (ma anche quelli cattolici) si scontrano con un’indifferenza generale in molte parti del mondo. Le chiese riescono ancora a essere presenza e lievito nelle diverse situazioni storiche e sociali?
Ho ben fissa l’immagine di papa Francesco quel 27 marzo 2021 da solo, in preghiera, in piazza san Pietro. In quel momento tutti ci siamo sentiti dentro la tempesta. Quel tempo, purtroppo, non è ancora giunto al termine. La barca è ancora avvolta nella tempesta. Su questa barca, i discepoli fedeli al Signore morto e risorto, fanno quello che lui ha insegnato: volgere lo sguardo, cioè prendersi cura della vita. Ecco, i cristiani nell’indifferenza generale del mondo non devono smettere di volgere lo sguardo. Se vogliamo prendere sul serio il principio dell’incarnazione, il volgere lo sguardo vuol dire cogliere le sfide e lasciarsi interrogare da esse.
Quali sono queste sfide?
Oggi emerge di fronte ai nostri occhi una grande sfida culturale, spirituale ed educativa che implicherà lunghi processi di rigenerazione in cui le comunità cristiane possono, nei territori dove abitano, rivivere l’esperienza di dialogo e di annuncio, come la Chiesa delle origini. Prendendosi cura dei più fragili e costruendo una rete di rispetto e di fraternità.
Il cristianesimo, pur essendo nel mondo, non dovrebbe essere del mondo. L’ecumenismo può aiutare le chiese a ritrovare uno sguardo critico sulla realtà senza cedere a facili schematismi e contrapposizioni?
Il movimento ecumenico ha compiuto passi straordinari e la Chiesa cattolica, con il Concilio Vaticano II, ha avviato definitivamente un processo di riconciliazione da cui non si torna più indietro. Ora occorre che i passi compiuti vengano trasmessi alle nuove generazioni, non solo per evitare gli stessi errori, ma per vivere autenticamente il Vangelo che abbiamo ricevuto. La storia ecumenica delle confessioni cristiane porta con sé un vero e proprio percorso che permette uno sguardo critico sulla realtà, per esempio quello di passare da un atteggiamento di sospetto a uno di fiducia.
Come si esercita la fiducia?
Compiendo un processo interiore capace di fugare i pregiudizi che ci portiamo dentro. Il Signore non ci ha lasciati soli neanche in questo, grazie al dono della sua Parola che illumina e ci fa camminare verso la verità e la libertà interiore, quella di chi si sente amato da colui che per noi è morto e risorto. I passi che ecumenicamente abbiamo compiuto insieme non debbono rimanere patrimonio dei soli addetti ai lavori ma divenire un metodo e uno stile per la vita delle nostre comunità. Questo tempo di pandemia, nella sua drammaticità, è un’opportunità straordinaria. Il futuro delle chiese non risiederà solo nella cura pastorale dei credenti ma anche nell’accompagnamento spirituale delle persone che sono in ricerca. C’è bisogno di un ministero che consenta la conversione da una vita in superficie a una vita in profondità, cioè una vita autentica capace di ascoltare il richiamo della coscienza.
La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ci ricorda che la riconciliazione nasce dalla preghiera comune. Talvolta però appare più facile pregare per gli altri che insieme…
Speriamo che la pandemia non ci privi di vivere momenti in presenza, dove possiamo pregare insieme a partire dall’ascolto della parola di Dio. Ne abbiamo un estremo bisogno. La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è un grande dono che viene dallo Spirito. È lui che tocca e muove i cuori, anche quelli più chiusi e duri. Senza lo Spirito che lavora costantemente in noi non avremmo la forza di desiderare e cercare l’unità.
Fondamentale per i cristiani è la speranza. Che cosa oggi possiamo sperare secondo lei?
Come credenti sappiamo che Dio è la roccia della nostra vita e, soprattutto, della nostra salvezza. In quanto cristiani dobbiamo essere coscienti di quello che siamo. Possiamo parlare del Regno di Dio solo ricorrendo a immagini e paragoni ma il suo messaggio di giustizia non si esaurisce nella semplice soddisfazione di un bisogno e non è neanche un’utopia mondana, ma è un “Amen!”, ovvero un grido che spinge ad una conversione autentica e allo stesso tempo un invio in missione.
Articolo di: Sabina Baral