Un convegno per ricordare l’impegno sociale, politico e civile, oltre che ecclesiastico, del pastore metodista Lucio Schirò D’Agati, a sessant’anni dalla morte
Due anniversari ricorrono quest’anno, legati alla vita del pastore metodista Lucio Schirò D’Agati: sessant’anni dalla morte nel 1961, a 84 anni, e i cento anni dai fatti che avvennero il 18 giugno 1921 a Scicli, dove Schirò esercitava il suo ministero. Un ministero che andava ben al di là dell’ambito ecclesiastico, e che gli aveva attirato addosso la violenza fascista.
Come si legge nel libro di Miriam Schirò (l’avevamo ricordata qui al momento della sua scomparsa), “Un lottatore senz’armi: mio padre Lucio Schirò D’Agati” (Zephyro, 2003), il 1921 fu un anno molto difficile: durante la campagna elettorale era stato bruciato il locale di culto con gli arredi e l’harmonium, la popolazione era stata terrorizzata per le strade con colpi di rivoltella, addirittura si era arrivati a minacciare l’ostetrica che doveva assistere la moglie del pastore.
E poi quel 18 giugno i fatti più gravi: una sparatoria in Piazza Consolazione, con migliaia di colpi esplosi da quaranta uomini armati, che portarono al ferimento di nove persone e alla morte di Angelo Ficili, simpatizzante metodista, che si trovava a fianco del pastore e che fu scambiato per quest’ultimo dagli squadristi.
Perché il ministro di culto protestante fosse una figura così scomoda lo si può intuire percorrendo la sua biografia, come farà l’incontro web di martedì 27 aprile promosso dal Centro Evangelico di Cultura “Giacomo Bonelli” di Palermo, fondato nel 1999 per iniziativa della chiesa valdese di via dello Spezio e del Centro diaconale valdese “La Noce”.
Primo sindaco socialista di Scicli, giornalista, è stato un personaggio che ha fatto la differenza su molti fronti: politico, sociale, civile e religioso. Da qui la scelta del titolo, “Un Martin Luther King siciliano” (in un’iniziativa a Ragusa era stato definito “il don Milani valdese”).
Ma quali tratti legano il pastore metodista siciliano al pastore battista afroamericano? Ce lo spiega Bruno Gabrielli, pastore della chiesa valdese di via Spezio: «Pur essendo di denominazione diversa e non avendo avuto modo di conoscersi, condividevano il cuore del ministero pastorale, il modo di intendere questo e il ministero della chiesa in generale. Entrambi sono stati appassionati combattenti nonviolenti e pacifisti per i diritti civili e sociali di tutti, senza esclusioni»: Martin Luther King con un accento sulla popolazione afroamericana, «gli ultimi della società nordamericana del suo tempo ma purtroppo in parte anche di oggi». Nel caso di Lucio Schirò chi erano “gli ultimi”? «Essenzialmente, i braccianti e i contadini della Sicilia sud-orientale dove maggiormente ha operato, dal 1908 al 1961».
C’è poi un altro tratto comune importante, l’impegno nell’istruzione e nella cultura, quello che suscitò gli attacchi a Schirò da parte del fascismo. «Schirò si è distinto per avere fondato la prima scuola popolare a Scicli, all’inizio del Novecento, poco dopo il suo arrivo, ma anche per un’iniziativa editoriale unica, un quindicinale durato diversi anni, a cavallo della prima guerra mondiale [sospeso negli anni del conflitto, e soppresso dal fascismo nel 1924, nda], intitolato “Semplicista!”, un unicum perché era la voce di una piccola chiesa evangelica dell’estremo sud della Sicilia, che poi divenne, dopo la prima guerra mondiale con la nascita del partito socialista in provincia di Siracusa di cui Lucio Schirò fu il primo segretario federale, anche l’organo della federazione socialista provinciale».
Tutti questi impegni dimostrano una volontà di mettersi in gioco e di spendersi per gli altri, dialogando su diversi fronti, da quello dell’evangelizzazione a quello politico, a quello sociale.
Un altro aspetto che lega queste due figure, ricorda Gabrielli, è la famiglia: «Entrambi sono stati quel che sono stati, anche grazie al contributo decisivo di membri delle loro famiglie».
Lo testimonierà la presenza e i racconti di alcuni discendenti al convegno, un nipote, che come lui si chiama Lucio, insieme alla figlia Francesca, tornati nella avita Scicli dopo aver vissuto a lungo a Verona.
Un altro punto messo in evidenza nell’incontro sarà, ricorda il pastore Gabrielli, «la ricostruzione del contesto socio-politico della Sicilia sudorientale di quegli anni, e per questo abbiamo voluto coinvolgere il prof. Rosario Mangiameli, già professore di Storia contemporanea all’Università di Catania, storico amico delle nostre chiese», dal cui intervento si comprenderà che Schirò non spunta fuori dal nulla, ma «era il frutto maturo di un’opera di evangelizzazione centrata sulla necessità dell’emancipazione del proletariato, non soltanto dal punto di vista religioso ma anche politico e sociale».
La terza voce a parlare sarà quella dell’attuale pastore di Scicli (insieme a Pachino e Vittoria), Francesco Sciotto, anch’egli profondamente impegnato in ambito sociale, tra l’altro come membro della Commissione Sinodale per la Diaconia. Sciotto racconterà l’eredità spirituale di Lucio Schirò: egli ha agito insieme «alla sua famiglia spirituale di Scicli», ricorda Gabrielli, «che ha mantenuto, anche dopo la sua morte, un profilo di impegno politico-sociale piuttosto marcato: non a caso oggi a Scicli si trova uno dei poli dell’impegno della Federazione delle chiese evangeliche in Italia per l’accoglienza e l’integrazione di migranti e rifugiati nel contesto del progetto Mediterranean Hope. C’è la Casa delle culture, dove sono ospitate diverse decine di minori non accompagnati, e un piccolo asilo infantile, eredità di un figlio di Lucio Schirò, Ugo, il quale continuò a impegnarsi sul fronte dell’istruzione sulle orme del padre».
“Un Martin Luther King siciliano: Lucio Schirò (1877-1961)
martedì 27 aprile alle 18
Intervengono: Rosario Mangiameli, professore di Storia contemporanea all’Università di Catania (“Il contesto storico-politico”); Francesca e Lucio Schirò (“La famiglia”); Francesco Sciotto, pastore della chiesa evangelica metodista di Scicli (“L’eredità spirituale”).
Su piattaforma Zoom a questo link.
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