Non si ferma il numero delle donne ammazzate per mano di un uomo, sia esso marito, compagno, fidanzato, amico, fratello. Occorre ripartire dall’educazione
Nel terzo millennio, non si contano più le donne ammazzate dal loro compagni, quelle che noi chiamiamo “vittime di femminicidio”. Donne giovani, belle, sorridenti che prima di morire, hanno vissuto di tutto: violenze fisiche, verbali, psicologiche. Magari per anni, in assoluto silenzio e devastante solitudine. Ma prima ancora vittime di chi non rinuncia al suo voler essere il più forte, il più temuto, il più rispettato.
Eh sì! Perché si sa dai tempi che furono l’uomo così forte, così virile, va rispettato, osannato, sopportato in tutto il suo modo di essere. La sua figura è cresciuta male insieme a concetti sociali che niente hanno di giusto, e a niente è valsa la lotta di donne che seppur hanno conquistato nel corso degli anni traguardi inimmaginabili, muoiono ancora perché la donna è donna e l’uomo è uomo. A niente vale la distinzione di concetti come “autorevole” e “autoritario”. No, niente esula dal rapportare ancora oggi nella testa dei figli del progresso che la donna va tenuta come tale, anzi no, va tenuta come femmina. Femmina che sforna figli, cucina, lava, pulisce casa e aspetta sognante il suo uomo che come ringraziamento la prende a schiaffi come minimo, caso mai la cena si brucia.
La donna di oggi, colei che lavora, che fa sport, che ha mille interessi nella cultura ancora di tipo patriarcale, è quella che non deve disobbedire. Una mentalità che cresce a dismisura ancora oggi e che vede nella violenza l’unica forma di spettacolo. Un depravante spettacolo. Oggi gli uomini o, per meglio dire, una parte di uomini sembra che goda nel vedere l’occhio nero della sua compagna, quasi come se quel livido fosse il trofeo che si è conquistato. Ma non solo il livido, anche la volgarità nelle parole, nei gesti, nei pensieri. Io all’alba di un ennesimo femminicidio, mi chiedo dove i nostri avi hanno sbagliato? Di sicuro qualcosa si è incrinato sotto i nostri occhi e non lo abbiamo visto, forse non lo abbiamo voluto vedere.
Ancora oggi, in famiglia, nelle scuole, nei vari ambienti sociali se una donna mette la minigonna… beh! Che ve lo dico a fare! Una minigonna per dire, ma siamo ancora al punto che se una donna in alcuni paesi di provincia, dove la mentalità patriarcale si respira come l’aria, se lavora dignitosamente viene vista come una poco di buono. Sì avete letto bene: una poco di buono! Come se cercare di migliorare il proprio presente o il proprio futuro fosse una colpa. Come si fa a credere che una donna non debba avere una vita sociale o un lavoro o un semplice interesse che non siano fornelli, pannolini e focolare? Nel terzo millennio, quando l’uomo ormai naviga nello spazio come se stesse in un autobus, la donna non ha ancora raggiunto quel grado di rispetto per la sua figura, tale da farla considerare alla pari del suo compagno. Con lo stesso senso di gratitudine per le sue fatiche e la sua stanchezza, con lo stesso desiderio di comprensione per le sue frustrazioni o fallimenti. Per la stessa voglia di un calore umano che vada al di là delle lenzuola.
Me lo chiedo ogni volta che apro un giornale e leggo un altro nome di donna uccisa, così solo perché non ne poteva più. Donne del cui volto faccio memoria e della cui storia scrivo perché bisogna fare qualcosa. Bisogna educare le famiglie, i figli, la futura generazione. Quella tecnologica, quella della globalizzazione, quella delle scarpe all’ultimo grido. Bisogna far capire che il rispetto si riceve e si dà. Che donna è colei che partorisce e crea uomini, spesso mostri. Noi figli del terzo millennio abbiamo il compito di creare una società più onesta. Ritrovare i valori del pane caldo e buono e di fermare la mano violenta. Con l’esempio di una vita dignitosa per tutti. Anche per le donne, soprattutto per loro. Se vogliamo vivere di amore, che amore sia. Diciamolo che le fondamenta del nostro passato sociale non hanno ragione di esistere.
Andiamo nei quartieri, nelle strade, in quei piccoli centri dove l’aria è pulita ma spesso il cuore no, o per meglio dire la mentalità non è pulita, non può esserlo se richiude la figura della donna in stanze dell’anima dove si entra solo per picchiare.
Facciamola finita con queste morti violente e assurde. Diamo un taglio al passato che vede l’uomo come unico e supremo padrone di tutto anche della vita degli altri.
Mettiamo su mattoni puliti per nuove case e nuovi palazzi e nuovi quartieri e gridiamolo forte… Basta! Il futuro è di tutti, anche delle donne, smettiamola di ucciderle.